La storia

Nel mese di Novembre del 1945, i fratelli Alessandro (1918) - artigliere reduce dalla Seconda Guerra Mondiale e ferito nella battaglia di El Alamein in Nord Africa (senza lavoro) - ed Enrico (1925) - giovane aiuto modellista presso la Fonderia Perani di Brescia (allora fonderia di getti in alluminio e statue in bronzo con il metodo “a cera persa”), decisero di tentare l’avventura ed iniziare l’attività di fondere getti semplici in alluminio. Il papà Giovanni, proprietario della casa rurale di abitazione nella piccola frazione di Soseto di Sopra, in località Sopraponte di Gavardo, liberò il porcile dai due maiali che normalmente allevava per le famiglie dei figli, mettendo a disposizione dei novelli imprenditori lo spazio per iniziare l’attività.

Con un crogiuolo di grafite, un anello in ferro e l’intercapedine riempita con carbon coke, con un soffietto manuale da camino per fornire ossigeno alla combustione del carbone iniziarono a fondere l’alluminio per fabbricare paioli, di diverse misure, per cuocere la polenta o la minestra. Il manico dei paioli era costruito utilizzando tondino in ferro. La prima terra di fonderia era acquistata da una fonderia esistente a Brescia in via Milano “La Radiatori” poi rinominata Ideal Standard. La produzione veniva venduta poi ai mercati della Nozza di Vestone o di Gavardo trasportando la merce su un piccolo carrello trainato dalla bicicletta. Un giorno lo storico Parroco di Sopraponte, Don Antonio Andreassi, già Cappellano degli Alpini, visitando la piccola fonderia pensò di aiutare i due giovanotti regalando loro un vecchio mantice di organo manuale e non più utilizzato, che aumentando la quantità di aria insufflata sul carbone coke incandescente permise di aumentare la produttività del forno a crogiuolo.

 

Qualche mese dopo l’inizio della nuova attività, essendosi sparsa la notizia dell’esistenza di una fonderia sul territorio, il direttore dell’allora Lanificio di Gavardo, stabilimento in località Bostone tra Gavardo e Villanuova e che occupava circa ottocento dipendenti, chiamò i fratelli Mora dicendo loro che aveva necessità di bronzine nuove per ricambio dei telai tessili. Avrebbe fornito le bronzine usurate in conto lavoro. Venne installato un secondo crogiuolo per la fusione del bronzo!

La fusione del bronzo, diversa dall’alluminio e che creava problemi di “soffiature” sulle bronzine indirizzò i fratelli fonditori a ricercare una consulenza di un chimico esperto. Fu così contattato il dottor Bettoni, titolare di un’antica farmacia di Brescia che a quel tempo insegnava Metallurgia all’Istituto Tecnico Moretto. Risolto il problema delle “soffiature” del bronzo la produzione poteva procedere con regolarità ed in crescita costante producendo i paioli in alluminio e le bronzine per i telai tessili.

Il carbone coke veniva acquistato da un commerciante di Brescia e trasportato a Soseto in sacchi di iuta con un camioncino preso a prestito dall’amico fornaio Enrico Bettoni della frazione.

Nel 1948 le richieste della clientela, e quindi la produzione, in continua crescita, indussero i Fratelli Mora a trasferirsi a Gavardo in via Giovanni Quarena n. 60 (centro abitato), affittando prima ed acquistando poi una vecchia stalla. Vennero assunti i primi operai. La richiesta di avere delle ruote “rinvia fune” in ghisa per il taglio dei blocchi di marmo da parte di aziende di Virle Treponti convinsero i fratelli ad installare un primo “Cubilotto” forno a carbone per eccellenza della fusione della ghisa. La produzione pertanto si articolava su getti in alluminio, bronzo e ghisa. Di fronte alla stalla, dall’altra parte della strada, c’era un lotto di terreno libero in vendita. Venne acquistato nel 1952 e così furono costruiti due capannoni di 400 metri quadrati cadauno. Le due famiglie Mora si trasferirono da Soseto a Gavardo nella casa adiacente ai nuovi capannoni della fonderia, acquistata nel 1956 dal signor Norino Manenti titolare allora della Mobili Manenti. Si usciva dalla cucina e si entrava in fonderia.

 

Nel 1958 l’azienda occupava una cinquantina di dipendenti. La produzione della ghisa iniziava a prevalere sugli altri materiali. I due Cubilotti lavoravano, a giorni alterni, a pieno regime. A quel tempo non esistevano leggi dell’ecologia, tuttavia Alessandro ed Enrico si rendevano conto di non poter continuare in centro abitato, a lavorare con forni a carbone che sfornavano dai camini fumi e polveri, pertanto iniziarono a pensare ad un trasferimento in località isolate e senza abitazioni vicine. Il Sindaco di Villanuova offrì gratuitamente un'ampia area libera in località prossima a Tormini, al di là della “Seriola” del Cotonificio Ottolini perché fosse là trasferita la fonderia ed occupasse manodopera locale. Quando il Sindaco di Gavardo dr. Guido Franchi venne a conoscenza dell’offerta fatta dal suo omologo villanovese, chiamò Alessandro dicendo: “La vostra attività non deve andare via da Gavardo, andate in fondo al paese, fuori dai piedi delle case abitate, ci sono ampie aree dove potete espandere la vostra fonderia ed occupare più personale che potete, io vi posso aiutare a convincere i proprietari a vendervi le aree agricole che rendono poco e voi dovrete impegnarvi ad assumere loro o i loro famigliari”.

Negli anni 1959/1960  furono così costruiti i primi quattro capannoni da 64 metri di lunghezza e 12 metri di luce dell’attuale sede di via Giovanni Quarena 207!

La produzione di getti in bronzo venne abbandonata negli anni 70 e l’alluminio negli anni 80 circa, per concentrarsi unicamente sulle produzioni di ghisa lamellare prima e successivamente e prevalentemente sulla ghisa sferoidale poi.

Gian Paolo Mora, 24/08/2020